Bendinelli: allenare la mente per conoscersi e superare i propri limiti

Il cervello è un organo che va allenato come un muscolo e il suo funzionamento va ottimizzato per migliorare la performance sportiva. Ma per allenarlo devi innanzitutto conoscerlo. La lezione arriva dalla Formula 1, con il dottor Riccardo Ceccarelli che ha un’esperienza ultratrentennale nel mondo dei motori, da quando nel 1989 misurò per la prima volta i battiti cardiaci di Ivan Capelli in gara a Hockenheim (una media di 173 al minuto per quasi un’ora e mezzo di gara). Da allora ha lavorato con 75 piloti, da Capelli ad Alboreto, da Alesi a Trulli, da Alonso a Kubica solo per citare i più famosi. E ha scoperto che i piloti di Formula 1 consumano un quarto di energia cerebrale rispetto a persone della stessa età sottoposte allo stesso tipo di test e riescono così a sopportare meglio la pressione e lo stress fisico di un Gran Premio. “Per potenzialità Kubica è il migliore”, il suo verdetto.

Il dottor Riccardo Ceccarelli studia da 30 anni i piloti di Formula 1

In Versilia, a due passi da Viareggio, Ceccarelli ha creato Formula Medicine, una struttura all’avanguardia con preparatori atletici, fisioterapisti, medici e psicologi che curano la preparazione dei piloti e che stanno cominciando a lavorare nel calcio, nel tennis e anche nel mondo del golf. “Sono venuti da noi un professionista spagnolo e il professionista italiano Carlo Casalegno – spiega Ceccarelli – e siamo in trattativa con l’Academy Tpi di San Diego che è interessata ai nostri metodi di allenamento”. Formula Medicine ha una palestra mentale, la prima al mondo: la Mental Economy Gym è stata inaugurata nel marzo 2016 e ampliata alla fine dello scorso anno, con multischermi collegati a caschi cerebrali e joystick, pannelli touch screen per valutare e migliorare la performance mentale dell’atleta.

Un atleta sottoposto a test di allenamento mentale

Test dell’attenzione, tempi di reazione psicologica, resistenza alla pressione psicologica e test di strategia costituiscono il percorso della Mental Economy Gym, una struttura di circa 140 metri quadri, che consente di ospitare fino a 24 persone contemporaneamente. “Un atleta deve imparare a conoscersi per imparare a gestirsi”. Si parte dai test di pulizia mentale, perché per essere veloce devi essere automatico, e si passa poi alla fase di analisi. “Integriamo la performance con il dispendio energetico. Chi è al top, nello sport così come nella vita perché questo tipo di allenamento è indicato anche per i manager di grandi aziende, ha un’elevata economia cerebrale. Al contrario un alto consumo cerebrale, causato ad esempio da un’eccessiva emotività, provoca stanchezza precoce, tensione muscolare, difficoltà di concentrazione e incapacità decisionale. Quando l’atleta acquisisce il pieno benessere psicologico si passa all’ultima fase, quella dell’efficienza neurale, ossia dell’ottimizzazione del cervello, che riesce a filtrare i pensieri negativi”.

Edoardo Bendinelli, a lungo preparatore e fisioterapista di Fernando Alonso, è uno dei collaboratori di Ceccarelli ed è anche un ottimo golfista: il suo handicap è inferiore a 5. Ha 51 anni e ha iniziato a giocare a golf a 40 anni. “Eravamo con Alonso in Giappone nell’arcipelago di Guam, non sapevamo come passare il tempo e ci ritrovammo in un campo pratica. Presi in mano un ferro 7 ed ebbi quasi un’illuminazione. Da allora ho cominciato a giocare a golf con regolarità”.

Ma quanto incide l’aspetto mentale nel golf?
“Spesso si usa in maniera impropria il termine ‘Non ci stavo con la testa’, soprattutto a livello di golfisti amatoriali e dilettanti. E’ più facile dare la colpa a qualcosa che non si tocca, invece nel golf le tre componenti tecnica, fisica e mentale devono essere allenate in contemporanea. La preparazione mentale è fondamentale per capire e conoscere le proprie capacità tecniche e fisiche e cercare di superare i propri limiti. Il 99% dei golfisti vuole migliorare ma il il 99% non sa come e cosa fare”.
Come può un golfista amatoriale allenare la propria mente?
“Prima di tutto deve conoscere le proprie potenzialità tecniche e atletiche e dominarle, perché spesso non si ha la consapevolezza di come siamo in campo. Poi deve rispondere alla domanda: cosa voglio dalla gara? In base alla risposta cambia anche il modo di giocare. E ricordandosi sempre che non puoi migliorare quello che il fisico non ti fa fare e che il percorso tecnico del golf deve tenere conto dei colpi che sai dominare”.

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